sabato 28 gennaio 2023

I vespri siciliani alla Scala

 
 
I Vespri alla Scala dopo trentaquattro anni! Si inaugurava la stagione, il palco centrale era addobbato di rosa e rosso, Milano era nella mani del PSI, la produzione non riscosse unanime successo e… no: le attese dei giorni precedenti non erano focalizzate su “come sarà la regia”. Per appagare quei desiderata si usava ancora e molto andare al cinema, in quel periodo a vedere Kieślowski. Oppure al teatro di parola, per il Faust di Strehler.
Del resto, ingrediente imprescindibile del Verdi nella «Grande Boutique» è l’apparecchiamento di una vera e propria festa del canto, pure in questo secondo grand-opéra; e oltretutto del canto verdiano più arduo e più galvanizzante che ci sia. Ad esempio - primo Alvaro a parte - non esiste pagina tenorile problematica da portare a segno quanto «È di Monforte il cenno…Giorno di pianto»: un tour de force che mette alla corda, così come fa attorno al passaggio di registro, anche i grandissimi. 
Ma tutto è complesso nei Vespri. Pure qui, come nel Trovatore, ci vogliono insomma i quattro più grandi cantanti del mondo in aggiunta a parti di contorno che sono tutt’altro che dei diversivi. Ed è pure necessaria un’orchestra dalla tavolozza variegata insieme a un direttore capace d’imprimere ovunque alla narrazione un passo che ne esalti le accensioni e faccia delibare le molte liricissime tregue. 
Io amo tanto i Vespri e ogni volta che li ascolto attendo con trepidazione lo snodo centrale del dramma: il più lacerante duetto dell’agnizione uscito dalla penna del genio (in Verdi quello più commuovente è il Boccanegra/Maria). 
Speriamo poi di non dover aspettare altri trentaquattro anni per riascoltare qui questo titolo, e magari di farlo in lingua francese.


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