mercoledì 17 giugno 2015

"Nessun dorma": intorno a Waldemar Kmennt e Jonas Kaufmann

Ho letto cose simpatiche sul concerto di Kaufmann alla Scala, alcune persino buffe: si va dalla lode laconica all'onesto fremer di chiappe. Tutte cose, però, che - con una sola eccezione (Il corriere della Grisi) - sono prive di argomentazioni intorno al canto.
In questo periodo sto cercando di formulare qualcosa di definito riguardo a due dicotomie, misurate in diversi campi artistici: parassitismo/venerazione e opinione/argomento. Nell'ultimo caso, il secondo dovrebbe essere contenuto della prima, ma tant'è. Comunque, è un lavoraccio e questa non è la sede.
Tra tutte le sortite a commento del concerto, mi piace citarne una: "Lui [Kaufmann] Puccini lo sente tipo tradizione tedesca". Come altri dopo aver ascoltato la Turandot della Stemme, anch'io ho fatto mente locale: forse che i tenori di area tedesca abbiano sempre cantato Puccini come lo canta Kaufmann? E cioè con l'affondo, gonfiando i centri e con suoni che sul 'piano' si sbiancano, biascicando, al posto di alitare dolcemente sul fiato alleggerendo l'emissione? Al netto delle intenzioni e della musicalità (qualità che vanno sicuramente ascritte a Kaufmann), ne vedo solo un'altra: quella contingenziale, che lo fa cercare di essere tenore drammatico nel semideserto del 2015.
Così, invece, Waldemar Kmentt (1929 - 2015) cantava la romanza di Calaf. Il repertorio del tenore austriaco, nel solco della tradizione dei tenori lirici tedeschi (categoria vocale alla quale andrebbe iscritto anche Kaufmann) includeva i ruoli mozartiani (fino a Idomeneo), quelli di Strauss (Bacchus e Der Kaiser) e di Puccini: Rodolfo, des Grieux, Ruggero, Cavaradossi, ecc. In questa registrazione colpisce subito la morbidezza con la quale Kmentt risolve la risposta un'ottava sotto all'incipit "Nessun dorma". Basta un primo ascolto per verificare quanto sia di gran classe il suo legato e la voce non perda mai smalto e posizione; e, quanto più le frasi si accendono e l'accento si fa vibrante, tanto più il colore si fa virile; nelle ultime battute autenticamente eroico fino al si naturale, emesso ampio e senza sforzo.