giovedì 8 dicembre 2016

"Madama Butterfly" alla Scala

Superflue le premesse ad un titolo che figura fra i più rappresentati al mondo; eppure, questa volta, due sono necessarie e la seconda legata alla prima.
Al netto di dichiarazioni addirittura liturgiche e devozionali («atto di riparazione», si legge sul sito della Scala), non è difficile intuire che a guidare la scelta di Ur-Butterfly sia un insopprimibile ideale romantico: genio autentico è l'artista che squaderna pronta manu i frutti del propria ispirazione, capace col suo essere tutto di trascendere la somma delle parti. Ciò dovrebbe valere anche per un capolavoro in avvicinamento quale la prima versione di Madama Butterfly, ora ritenuta tale invece - essendo opera di un genio - da meritare il posto in testa al cartellone del primo teatro italiano.  
È brutta Ur-Butterfly? Niente affatto: è un lavoro nel quale sono espressi in potenza, ma anche frustrati senza che nulla di paragonabile sia dato in cambio, alcuni fra i momenti più esaltanti di un capolavoro sublime. Del resto, posta in termini squisitamente formali (bello o meno bello) la questione assume caratteri surreali.  
Intorno alla complessità del processo creativo pucciniano così come alle problematiche legate al mondo del teatro d'opera fra '800 e '900 non è il caso qui di argomentare; bisogna ribadire, però, quale distanza intercorra tra la logica ottocentesca del numero (i casi Macbeth '47 e Boccanegra '57, ad esempio) e quella della stringente consequenzialità drammatica ricercata sempre e con estrema determinazione da Puccini. Gli interventi dell'autore après la première, infatti, non sono semplici miglioramenti ma azioni finalizzate a rendere infallibile l'effetto complessivo tramite un equilibrio dei tempi drammatici e musicali che risulta indispensabile per godere, al grado massimo, del genio pucciniano. Questo è decisivo soprattutto nel caso di Madama Butterfly: un aspetto noto a chi abbia avuto un assaggio, ad esempio, con l'edizione Naxos ma ancor più ieri sera grazie alla «prova del fuoco», cioè quella del palcoscenico, per usare le parole di Puccini a Toscanini. E la prima versione, insomma, resta preferibilmente adatta ad essere applaudita come rarità discografica o chicca festivaliera
Limitandoci all'essenziale, i luoghi in avvicinamento verso il capolavoro sono il finale della tragedia, ancora a basso tasso emozionale (grave difetto per Puccini) e l'episodio verboso e poco coerente sul piano psicologico che corrisponde alla katastrophé, qui giocata attorno al ruolo di Kate. Ma già nell'atto primo, causa l'eccesso di nipponerie, debole è il focus proiettato sulla protagonista e specialmente quello tragico espresso anche tramite il tema della morte (Ume no haru) che, dopo l'arioso «Nessuno si confessa mai nato in povertà», ritarda fra tanti salamelecchi quasi un quarto d'ora prima di apparire nuovamente («È un presente del vicario a suo padre») così da venire molto depotenziato, per non dire neutralizzato, nella memoria uditiva. Del resto, i siparietti del matrimonio messi in scena a distanza di un secolo restituiscono soprattutto l'odore stantìo da fiera espositiva (ah! les negres, ah! les japonais!) pure annacquando - io direi compromettendo - la dimensione etica di una vicenda ambientata in epoca coloniale. La couleur locale è davvero tutta là dove deve stare per poi rimanere, e cioè nella musica che si fa dramma, non già in pagine di mezzo carattere che riescono a farsi dimenticare anche dopo diversi ascolti. Questo è, insomma, un ritorno alle origini del testo che mi pare suggerisca una visione sostanzialmente vetrinistica del teatro, opposta a quella che fondandosi sul passato sa porsi in relazione dialettica col presente. 




Troppo da perdere per non guadagnar poi molto, dunque, anche perché - e qui veniamo alla seconda questione - il titolo domanda una protagonista alla quale è giusto chiedere tanto e che, in occasione di una prima importante, si vorrebbe avesse coltivato nel tempo i tratti di un personaggio sfaccettato e seducente come lo sono pochi altri. Qui siamo, invece, ad un debutto che lascia traccia debole nella storia delle Butterfly scaligere, avendo il pubblico ricevuto da José Maria Siri non più di un abbozzo interpretativo sul quale calibrare il giudizio. La dote è quella del soprano che possiede una certa abilità nel manovrare un mezzo lirico ma dal peso tragico tutto da immaginare, complice una prima ottava poco a fuoco: una voce la cui grana si avvantaggia dell'ascolto radiofonico e televisivo rispetto a quello dal vivo. È Butterfly perlopiù imprigionata in una mimica resa per eccesso stucchevole e che non l'agevola certo nell'espressione; qualche durezza in zona acuta, ma è poca cosa a fronte di un'esecuzione che rimane generica nell'accento e non certo variata nel fraseggio. Andando verso il finale, per accensione drammatica è surclassata da Kate con la sua frase «È triste cosa, triste cosa», la migliore fra comprimari non memorabili. Ma, del resto, quale soprano che con una certa assiduità frequenti il ruolo della geisha vorrebbe rileggere la propria Butterfly temperandola in questa prima versione? Anche nell'ottica di estinguere il debito che l'istituzione culturale Teatro alla Scala ha verso tanti titoli (pure di autori contemporanei a Puccini), resta difficile comprendere perché non si sia puntato in apertura su uno che coinvolgesse appieno le risorse più solide del teatro, a cominciare dal coro e dal corpo di ballo; uno di quelli insomma che (non essendo proposti con una media di due recite all'anno in poco più di un secolo) avrebbero ricevuto le premure del 7 dicembre.
Il tenore Hymel, anche se avaro di colori e con qualche nasalità attorno al passaggio, ha retto bene i tempi rilassati che il direttore ha staccato sin dal principio, restituendo in maniera credibile la baldanza del personaggio. Sulla scelte agogiche, torna comodo qui riferirsi all'interpretazione di Pappano che, invece, li stringe molto a principio per distenderli poi alla salita della collina; effetto notevole che ha il risultato di concentrare là, con efficacia, l'attenzione dello spettatore che è ovunque stimolato da un progredire drammatico fatto di accelerazioni e soste, scoppi e fasi di stasi nervosa, quelli che Chailly ci ha regalato mesi fa con La fanciulla del West
Anni luce dalle pratiche dei routiner che in altre sedi hanno fatto o fanno macello della musica pucciniana, Riccardo Chailly è intento a lasciar assaporare le sonorità soffuse dell'orchestra ed estremamente ligio rispetto agli equilibri di volume col palcoscenico, anche a distanza di vent'anni dalla sua Butterfly scaligera: là agiva sulla solidissima regia di Asari, includendo - se la memoria non mi inganna - passi della versione 1904 con estrema parsimonia («Muso primo, secondo e muso terzo»). Ma qui, forse più di allora, rimane un'impressione di incompletezza mancando quella corrispondenza d'intenzioni che è indispensabile alle componenti dello spettacolo per avvantaggiarsi le une con le altre. L'impressione è quella di una certa quadratura nella quale vengono iscritte anche le frasi corte e gli incisi; è di studiata eleganza ma non avvantaggia in fronte drammatico e quanto a suggestioni è troppo sorvegliata nei passi sinfonici. Una parte di responsabilità spetta a scelte agogiche davvero coraggiose ma anche uniformi sulla lunga distanza, che poco rimandano la ricchezza della dimensione dialogica di Butterfly e tramite essa l'argento vivo di una tragedia che si nutre sì di nitore e levità ma in pari misura di palpiti e contrasti, caratteristici del dinamismo colloquiale da cui è attraversata la drammaturgia dell'opera. Tempi che in più punti paiono gareggiare per distensione con quelli di alcune celeberrime incisioni in studio, ma che nel terzetto Sharpless-Suzuki-Pinkerton assumono qui un tratto inopportunamente professorale.
Dal punto di vista figurativo lo spettacolo è godibile alla vista, ma specie nell'uso delle proiezioni manifesta tale diversità pittorica di stili, tecniche e gamma cromatica da non riuscire a sopprimere l'impressione che si tratti di patchwork d'immagini reperibili digitando Japanese painting, tanto manca una distintinzione che renda il lavoro identitario, circoscrivibile. Arduo davvero è il competere con le Butterfly di un secolo di Scala: le finezze di Foujita e dei collaboratori di Asari, il rigorismo a valenza psicologica di Lavezzi/Bignes, tanto per finire.
La gestualità dei mimi invade anche l'altezza del palcoscenico, trascurando la dimensione reale dello spazio che già da questa prima versione dell'opera possiede un'importanza capitale; ma se tale noncuranza trova giustificazione nei momenti di contrappunto figurativo all'azione, risulta invece grave danno quando si tratta d'inscenare la veglia notturna. L'assenza di contenuti pregnanti si maschera qua e là con reminescenze ponnelliane e finale "alla Asari" che è però è ben altro, specie in fatto di resa simbolica. Tra i suggerimenti inediti, si conta uno Yamadori spintonato in scena come un tontolone e là dal sensale costretto a forza all'inchino; evidentemente il fatto che possieda ville, servi, oro e un palazzo principesco non imbarazza chi gli è socialmente inferiore. O che sia un impostore spacciato per il nobile pretendente dallo stesso Goro? Più in generale l'allestimento, con i suoi frequenti allentamenti illustrativi, non contribuisce a creare la sensazione che sulla scena si consumi un dramma, ma che si dia spazio invece ad una ritualità artefatta



 

 




giovedì 1 dicembre 2016

L'arpa birmana

Compie sessant'anni questo splendido film e con esso la storia di Mizushima, l'Orfeo giapponese che nel mondo dei morti si reca per trattenersi sino alla fine dei suoi giorni a compiere il dovere della memoria.
Il capolavoro irenista di Ichikawa si legge certo insieme a La grande illusione, ma credo sia giusto aggiungervi anche La chambre verte. E andrebbe rivisto oggi, sempre, e cioè in tempo di guerra.

martedì 8 novembre 2016

Interludio romano






Mole sub exigua spectatur porticus ingens;
Cernitur in spatio semita longa brevi:
Quoque magis distant tanto maiora videntur
Quae sunt in proprio corpora parva loco.
Artis opus mirae; mundi fallentis imago;
Magna suis offert ipse pusillus, inops.
Magna, sed in speciem, capienti parvula fiunt;
Grandia sub coelo non nisi spectra manent.

Entro l'esigua mole, contempli un immenso loggiato
E in breve spazio scorgi un lungo cammino,
Dove quanto più lungi, compaiono tanto maggiori
Forme che minime sono a luogo loro proprio.
Artificio stupendo, figura del mondo fallace 
Che in sua pochezza suol mostrare gran cose,
grandi solo all'aspetto; raggiunte si fanno piccine:
Larva illusoria qui in terra è la grandezza.


Bernardino Spada

[Bib. Vat., Barb.Lat. 1005, 102]










Palazzo Barberini (1625-1633), facciata

Palazzo Barberini

Palazzo Barberini, scalone d'onore di Gian Lorenzo Bernini

Palazzo Barberini, scalone d'onore di Gian Lorenzo Bernini

Palazzo Barberini, scalone d'onore di Gian Lorenzo Bernini

Palazzo Barberini, scalone d'onore di Gian Lorenzo Bernini

Palazzo Barberini, portale che affaccia sull'atrio del primo piano

Gian Lorenzo Bernini (1598-1680), Busto di Urbano VIII (1632), particolare

Andrea Sacchi (1599-1661), La Divina Sapienza (1629-1633), particolare

Andrea Sacchi (1599-1661), La Divina Sapienza (1629-1633), particolare

Jacopino del Conte (1515-1598), Deposizione di Cristo nel sepolcro, particolare

Giuseppe Bartolomeo Chiari (1654-1727), Il carro del Sole (1693), particolare

Giovan Francesco Barbieri detto Guercino (1591-1666), Flagellazione di Cristo, particolare

Guido Reni (1575-1642), Maddalena penitente, particolare

Raffaello Sanzio (1483-1520), La Fornarina (1518-1519), particolare

Raffaello Sanzio (1483-1520), La Fornarina (1518-1519), particolare

Filippo Lippi (1406-1469), Annunciazione e due donatori, particolare

Lorenzo Lotto (1480-1556/1557), Matrimonio mistico di santa Caterina d'Alessandria, particolare

Annibale Carracci (1560-1609), Ritratto di giovane, particolare

Giovanni Antonio Galli detto Lo Spadarino (già attribuito al Caravaggio), Narciso, particolare

Guido Reni (1575-1642), Beatrice Cenci, particolare

Pietro da Cortona (1596-1669), Trionfo della Divina Provvidenza (1632-1639)

Pietro da Cortona (1596-1669), Trionfo della Divina Provvidenza (1632-1639), particolare

Pietro da Cortona (1596-1669), Trionfo della Divina Provvidenza (1632-1639)

Pietro da Cortona (1596-1669), Trionfo della Divina Provvidenza (1632-1639), particolare della fucina di Vulcano.

Pietro da Cortona (1596-1669), Trionfo della Divina Provvidenza (1632-1639)

Pietro da Cortona (1596-1669), Trionfo della Divina Provvidenza (1632-1639)

Maniglione nel Salone di Palazzo Barberini


Portali del Salone di Palazzo Barberini, opera di Gian Lorenzo Bernini


Chiesa di Sant'Andrea al Quirinale (1658-1678), altare maggiore opera di Gian Lorenzo Bernini

Via dello Scalone (Quirinale)

Particolare della Transverberazione di santa Teresa d'Avila nella Cappella Cornaro (Chiesa di Santa Maria della Vittoria). Opera di Gian Lorenzo Bernini fra 1654 e 1652.

Matroneo della Chiesa dei Santi Quattro Coronati, edificato durante la ricostruzione di Pasquale II (XII sec).

Chiostro del 1120 presso la Chiesa dei Santi Quattro Coronati

Epigrafi poste sotto il porticato del chiostro duecentesco presso la Chiesa dei Santi Quattro Coronati

Madonna col bambino (XIV sec.) sulla parete absidale dell'Oratorio di santa Barbara presso il monastero dei Santi Quattro Coronati

Epigrafe posta sotto il porticato del chiostro duecentesco presso la Chiesa dei Santi Quattro Coronati

Chiostro del 1120 presso la Chiesa dei Santi Quattro Coronati

Pavimento cosmatesco della Chiesa dei Santi Quattro Coronati (XII sec.)

Grata e ruota del Monastero dei Santi Quattro Coronati, affidato alle monache di clausura agostiniane a partire dal 12 marzo 1564

Affreschi dell'Oratorio di San Silvestro presso il Monastero dei Santi Quattro Coronati: Storie di Costantino (1246)

Particolare degli affreschi dell'Oratorio di San Silvestro presso il Monastero dei Santi Quattro Coronati che raffigurano le Storie di Costantino (1246), anno in cui papa Innocenzo IV, da Lione, nella bolla Eger cui venia riaffermò la legittimità del dominio temporale della Chiesa ricordando proprio la sottomissione dell'imperatore Costantino all'atto della donatio a papa Silvestro del primo nucleo territoriale dello Stato papale.

Affreschi dell'Oratorio di San Silvestro presso il Monastero dei Santi Quattro Coronati: Storie di Costantino (1246)


Particolare degli affreschi dell'Oratorio di San Silvestro presso il Monastero dei Santi Quattro Coronati (1246)

Nartece della Chiesa dei Santi Quattro Coronati (XI-XII sec.)

Dal nartece della Chiesa Santi Quattro Coronati verso il cortile interno su cui si affacciano spazi sacri e residenziali

Ciborio di Arnolfo di Cambio (1293) e mosaico abside (IX sec.) della Chiesa di Santa Cecilia in Trastevere

La statua in marmo bianco di Santa Cecilia, capolavoro di Stefano Maderno (1570-1636), esposta sotto l'altare maggiore della Chiesa di Santa Cecilia in Trastevere

Cortile che affaccia sulla Chiesa di Santa Cecilia in Trastevere. Il portico e il campanile risalgono al XII sec.  

Il campanile della Chiesa di Santa Cecilia in Trastevere (XII sec.), eretto da papa Pasquale II. 

Particolare degli affreschi del Giudizio Universale di Pietro Cavallini (1273-1321) sulla controfacciata della Chiesa di Santa Cecilia in Trastevere (1295 circa) presso il Monastero delle Monache Benedettine

Particolare degli affreschi del Giudizio Universale di Pietro Cavallini (1273-1321) sulla controfacciata della Chiesa di Santa Cecilia in Trastevere (1295 circa) presso il Monastero delle Monache Benedettine

Particolare degli affreschi del Giudizio Universale di Pietro Cavallini (1273-1321) sulla controfacciata della Chiesa di Santa Cecilia in Trastevere (1295 circa) presso il Monastero delle Monache Benedettine
Particolare degli affreschi del Giudizio Universale di Pietro Cavallini (1273-1321) sulla controfacciata della Chiesa di Santa Cecilia in Trastevere (1295 circa) presso il Monastero delle Monache Benedettine

Particolare degli affreschi del Giudizio Universale di Pietro Cavallini (1273-1321) sulla controfacciata della Chiesa di Santa Cecilia in Trastevere (1295 circa) presso il Monastero delle Monache Benedettine


Abside della Chiesa di Santa Maria in Trastevere con mosaici di Pietro Cavallini (1273-1321): Storie della Vergine

Mosaico con le Storie della Vergine di Pietro Cavallini (1273-1321) nella Chiesa di Santa Maria in Trastevere

Abside della Chiesa di Santa Maria in Trastevere con mosaici di Pietro Cavallini (1273-1321): Storie della Vergine

Mosaico con le Storie della Vergine di Pietro Cavallini (1273-1321) nella Chiesa di Santa Maria in Trastevere

Mosaico con le Storie della Vergine di Pietro Cavallini (1273-1321) nella Chiesa di Santa Maria in Trastevere


Mosaico sulla facciata di Santa Maria in Trastevere con Maria in trono con bambino e dieci donne recanti lampade: otto accese, simbolo di verginità e due spente, tra le mani di donne velate. Il campanile risale alla prima metà del XII secolo.

Cappella Avila in Santa Maria in Trastevere, affidata nel 1678 al pittore reatino Antonio Gherardi con gusto berniniano e borrominiano: sul fondo, galleria prospettica che ingigantisce il dipinto di San Gerolamo (1686)

Cappella Avila in Santa Maria in Trastevere, affidata nel 1678 al pittore reatino Antonio Gherardi con gusto berniniano e borrominiano
Sul Ponte Fabricio (62-23 a.C.)

Lapide in Via Zucchelli

Cappella di Lucrezia della Rovere Colonna (1548) nella Chiesa della Trinità dei Monti : Assunzione della Vergine su disegno di Daniele da Volterra (1548-50)

Particolare della Deposizione dalla Croce di Daniele da Volterra (dopo 1546) nella Cappella Aldobrandini Bonfil in Trinità dei Monti
Nella cripta del Convento cappuccino dell'Immacolata Concezione (1732-1775)
Nella cripta del Convento cappuccino dell'Immacolata Concezione (1732-1775)

San Michele Arcangelo che caccia Lucifero di Guido Reni (1575-1642) nella Chiesa dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria (1626-1631)

Parete di sinistra della Cappella di San Bernardino affrescata da Pinturicchio fra il 1484 e il 1486 nella Basilica di Santa Maria in Aracoeli

L'altare della Madonna del rifugio (XV secolo) nella Basilica di Santa Maria in Aracoeli


Scendendo la scalinata dell'Aracoeli, guardando la statua che raffigura Cola di Rienzo e l'Altare della Patria


In cima alla scala dell'Arce capitolina

Dalla piazza del Campidoglio

La facciata della Basilica di Santa Maria Maggiore, opera di Ferdinando Fuga (1741), e il campanile romanico (1445-1483)

Interno della Cappella Sistina (1585) in Santa Maria Maggiore

Guardando la cupola della Cappella Sistina in Santa Maria Maggiore.

Particolare della cupola della Cappella Sistina in Santa Maria Maggiore

I mosaici di Jacopo Torriti nella Basilica di Santa Maria Maggiore (XIV sec.)

Nella navata centrale di Sanata Maria Maggiore: il soffitto a cassettoni attribuito a Giuliano da Sangallo (XV sec.) e i mosaici sotto le finestre con le Storie dell'Antico Testamento (V sec.)

Nell'abside della basilica di Santa Maria Maggiore: Ai piedi di Cristo e di Maria, il sole e la luna e intorno cori di angeli adoranti a cui si aggiungono San Pietro, San Paolo, San Francesco d'Assisi e il papa Niccolo IV a sinistra; Giovanni Battista, Giovanni Evangelista, Sant'Antonio e il donatore Cardinal Colonna a destra.

Particolare della navata centrale (Basilica di Santa Maria Maggiore)

La tomba di Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) in Santa Maria Maggiore

Il busto del 'Negrita' (Antonio Manuel) in Santa Maria Maggiore (1629)

La statua di Pio IX orante nell'ipogeo della Basilica di Santa Maria Maggiore (XIX sec.)

L'Assunzione della Vergine di Ludovico Cardi, detto il Cigoli (1559-1613), nella cupola della Cappella Borghese in Santa Maria Maggiore, consacrata il 27 gennaio 1613

La Salus Populi Romani nella Cappella Borghese in Santa Maria Maggiore (XII-XIII sec.). Nella lunetta superiore è evocato l'episodio di papa Liberio che il 5 agosto del 358, a seguito della miracolosa nevicata che ricoprì il Colle Esquilino, tracciò il perimetro della futura basilica

Nella loggia superiore della Basilica di Santa Maria Maggiore, si intravede il mosaico del Cristo in gloria, opera di Filippo Rusuti

In piazza Barberini, particolare della Fontana del Tritone (1642-1643), uno dei capolavori di Gian Lorenzo Bernini

Particolare della Fontana dei Quattro Fiumi (1648-1651) di Gian Lorenzo Bernini in Piazza Navona

Guardando la loggia del piano nobile di Palazzo Altemps (XV sec.)

Frammento di tubazione romana con il nome di "Aemilia Formiana", parte della collezione di Evan Gorga a Palazzo Altemps

Il cortile di Palazzo Altemps (XV sec.)

Il cortile di Palazzo Altemps (XV sec.)

Frammenti di vetro soffiato (a partire dal I sec. d. C.), parte della collezione di Evan Gorga a Palazzo Altemps: a mosaico, reticelli, nastri, millefiori, marmorizzati

Frammenti di vetro soffiato (a partire dal I sec. d. C.), parte della collezione di Evan Gorga a Palazzo Altemps: a mosaico, reticelli, nastri, millefiori, marmorizzati

Alabastra e amphoriskoi prodotti su nucleo friabile (V-I sec. a. C.), parte della collezione di Evan Gorga a Palazzo Altemps

Frammenti di vetro soffiato (a partire dal I sec. d. C.), parte della collezione di Evan Gorga a Palazzo Altemps: a mosaico, reticelli, nastri, millefiori, marmorizzati

La loggia del piano nobile di Palazzo Altemps (XV sec.)

Busto di Giulia (80 d. C.) a Palazzo Altemps

Fronte di sarcofago con le fatiche di Ercole (240-250 d. C.)

Ares Ludovisi (IV sec. a. C.) con restauro della spada a opera di Gian Lorenzo Bernini (Palazzo Altemps)

Ares Ludovisi (IV sec. a. C.), particolare (Palazzo Altemps)

Particolare della "piattaia" affrescata nella Sala dell'Ares Ludovisi a Palazzo Altemps, forse in occasione delle nozze tra Girolamo Riario e Caterina Sforza (1477)

Gruppo di Oreste e Elettra (tra il I a. C. e il I d. C.), a Palazzo Altemps

Palazzo Altemps, Ingresso all'appartamento del cardinale con affreschi e cassettoni (1592, opera di Antonio Viviani)

Sala delle Prospettive Dipinte, Palazzo Altemps

Sarcofago colossale con scene di battaglia tra Romani e barbari (cosiddetto Grande Ludovisi), II-III sec. d. C. (Palazzo Altemps)

Particolare del sarcofago colossale con scene di battaglia tra Romani e barbari (cosiddetto Grande Ludovisi), II-III sec. d. C. (Palazzo Altemps)

Particolare del sarcofago colossale con scene di battaglia tra Romani e barbari (cosiddetto Grande Ludovisi), II-III sec. d. C. (Palazzo Altemps)

Busto di Antinoo. Realizzato nel 2015-2016 grazie all'accostamento di due diversi ritratti del giovane amato di Adriano: il busto-frammento di Roma e quello di Chicago (Palazzo Altemps)

In Piazza San Pietro, guardando la Basilica (Città del Vaticano)

Sotto il colonnato del Bernini (dal 1657) nella Città del Vaticano

Nella navata sinistra della Basilica di San Pietro (Città del Vaticano)

La statua di San Pietro davanti alla facciata della Basilica (Città del Vaticano)

Le epigrafi che accolgono il visitatore nel cortiche su cui affaccia la Chiesa di San Silvestro in capite

La volta della Chiesa di San Silvestro in capite affrescata fra 1680 e 1683 da Giacinto Brandi (La Vergine assunta in gloria coi santi Silvestro e Giovanni Battista)

Il campanile della Chiesa di San Silvestro in capite (inizio XIII sec.)

La vetrina di un libraio in Via Sant'Agostino

Il Profeta Isaia affrescato da Raffaello (1512) sul terzo pilastro di sinistra nella navata centrale della Chiesa di San'Agostino al Campo Marzio

La Madonna dei Pellegrini di Caravaggio (1604) nella prima cappella a sinistra della Chiesa di Sant'Agostino al Campo Marzio

La Madonna del Parto di Jacopo Sansovino (1521) in Sant'Agostino al Campo Marzio

La facciata di Sant'Agostino al Campo Marzio (1479-1483), opera di Jacopo da Pietrasanta e Sebastiano Fiorentino

Nella Chiesa di Santa Maria in Vallicella (Chiesa Nuova), 1575-1599, guardando l'altare maggiore con Gli angeli in venerazione della Madonna di Pieter Paul Rubens (1608)

L'organo e i coretti in legno dorato al lato sinistro del presbiterio (1698), sopra l'ingresso della Cappella di San Filippo Neri (Santa Maria in Vallicella)

Sotto l'organo alla sinistra del presbiterio, guardando la cupola di Santa Maria in Vallicella affescata da Pietro da Cortona

La Cappella di San Filippo Neri fra 1600 e 1606. Opere di Cristoforo Roncalli e Guido Reni

L'altare maggiore con Gli angeli in venerazione della Madonna e la tela laterale coi Santi Domitilla, Nereo e Achilleo, opere di Pieter Paul Rubens (1608) in Santa Maria in Vallicella

La cupola di Santa Maria in Vallicella affrescata da Pietro da Cortona (1647-1666)

Il mercato in Campo de' Fiori


Il mercato in Campo de' Fiori

Nel cortile di Palazzo Spada (1540)

Nelle sale della Galleria Spada

Nelle sale della Galleria Spada

La galleria prospettica costruita da Francesco Borromini (1652-1653) nel cortile di Palazzo Spada

La galleria prospettica costruita da Francesco Borromini (1652-1653) nel cortile di Palazzo Spada

POTAVERUNT ME ACETO (Ponte Sant'Angelo, Gian Lorenzo Bernini)

Sotto il bastione di Castel Sant'Angelo (II sec. d. C.)