giovedì 29 dicembre 2022

After Yang

Figurativamente accattivante, di quel genere manierista che sa creare il futuro prossimo senza ricorrere a teoremi o forzature, è questo un buon film premiato al Sundance 2022. L’ho visto su Sky e non saprei dove altrimenti si possa trovare.
La storia sembra prendere il via da una costola di A.I. ma poi il racconto breve di A. Weinstein che ha dato trama e personaggi al film di Kogonada si dirige per conto proprio dosando suggestioni e incanti come fa col tè. Da queste stesse essenze muove poi una girandola di esperienze imprigionate in un passato che è vieppiù presenza consegnando allo spettatore un indizio di svolta: «Non c’è nessun qualcosa senza il nulla». Affermazione che più orientale di così si muore e che nella doppia o tripla negazione afferma molto più di quanto sottragga.
 
 
 


mercoledì 21 dicembre 2022

Alceste di Lully


Scopro solo oggi che esiste altra Alceste oltre a quella registrata da Malgoire. E questa (2017) gli è decisamente superiore in qualità, a cominciare da quella audio. 
C’è ed è restituita col giusto mordente la scena d’Inferi più simpatica di tutta la storia dell’opera (Socrate immaginario a parte). Soltanto un fiorentino e un parigino potevano immaginare il passaggio dei morti attraverso lo Stige con un passo di danza scanzonata (da fischiettare poi magari durante una gitarella nei parchi della reggia). È cantato sui versi «Chacun vient ici bas prendre place, | Sans cesse on y passe, | Jamais on n'en sort.» Del resto i morti ci hanno appena spiegato che «Qui cherche à vivre | Cherche à soufrir.» 
Schopenhauer e lo champagne. 


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giovedì 8 dicembre 2022

“Boris Godunov” alla Scala



Boris (Boriska) si addormenta estenuato sulla grande campana perché l’opera mastodontica è compiuta; dicembre è anche il mese di Andrej Rublëv
Il genio titanico di Musorgskij e il suo capolavoro universale tengono per massimo valore la libertà totale di pensiero e azione fronte alle usurpazioni e al falso, ma senza illusioni perché afflizioni e tormento sono pena cosmica misurata sulle spalle di pochissimi innocenti. La politica spicciola davvero non fa per queste altezze. 
Se si attende di vedere l’opera dal vivo (sola maniera d’identificarne volumi e tinte), occorre fare così per sfuggire alla serata più distraente dell’anno: andare alla prima di persona allo scopo di vaccinarsi (ho fatto richiami molto più vicini alle trenta che alle venti volte) oppure seguirla in tv/radio spegnendo ai commenti per evitarsi qualunque scempiaggine. Non le ho sentite: leggo i riferimenti qui il giorno dopo. Le cuffie Bose e il tasto del suono preservano infatti il sortilegio telematico, specialmente quando il titolo è Boris Godunov, partitura del mormorio e dello schianto, della pensosità e di un dolore che si riprova ogni volta da se stessi senza disturbi e attenuazioni. 
Il protagonista mi è parso qui un fuoriclasse che ha cantato e bene proprio tutto ed è talmente bello da vincere qualsiasi altro Boris se si pretende che il ripiegamento interiore dello zar Erode possieda un’idealità finanche fisica; quella che sembrerebbe perfino scusarlo ed è invece capace di accentare un trapasso senza speranze e altrove. 
Credo che quanto a Ernst per Šujskij si potesse cercare con maggiore attenzione come si è fatto per lo Jurodivyi (Abaimov). Chailly possiede ad altissimo grado la tensione dell’arco narrativo cui somma la volontà niente affatto dimostrativa, anzi strategicamente ragionata, di far delibare i gangli audacissimi della scrittura (che San Basilio! ora il migliore documentato in video). Ci si potrebbe domandare perché abbia atteso tanto prima di affrontare Boris ed è certo per essere all’altezza dei modelli cui con evidenza si ispira. Mi pare sia riuscito compiutamente consegnando qui finora la sua migliore inaugurazione scaligera attorno a un bello spettacolo di facile, immediata leggibilità.