mercoledì 26 febbraio 2014

12 anni schiavo

"12 anni schiavo" ha l'impronta inconfondibile del regista Steve McQueen. Eppure mi ha ricordato il cinema (mai abbastanza celebrato) di Sam Fuller e in modo particolare il suo capolavoro: "L'urlo della battaglia". Là la guerra come sfinimento, oltre il limite della sopportazione fisica e mentale; qui il lungo incubo della schiavitù, logoramento delle carni e degli animi. L'antiretorica è un tratto comune. E neppure per un istante alcuna relazione di natura panteistica, alla Malick, s'instaura tra i personaggi e i luoghi della Lousiana: le inquadrature in campo lungo accentuano, infatti, proprio il loro isolamento. Avrei sacrificato in sala montaggio - ma è la mia allergia a 'fare il punto' - il finale in famiglia (un paio di minuti), congedando lo spettatore con gli occhi increduli del protagonista in un primo piano che è già tutto.

giovedì 20 febbraio 2014

"Una sposa per lo Zar"

Qualche anima buona - forse in corrispondenza con le recite a Berlino o in attesa di quelle a Milano - ha caricato su Youtube il video della "Sposa dello Zar" di Nikolaj Rimskij-Korsakov. È un'occasione per conoscere l'opera o per ripassarla (sto preparando un paio di lezioni sull'argomento e possiedo il DVD di questo spettacolo; 1983). Qui si ascolta ancora un po' di scuola russa, quella delle grandi voci che hanno fatto carriera soprattutto oltrecortina: Nina Terentieva canta la sua canzone ("Prepara, madre cara") dal minuto 032:00 (a cappella, intonazione immacolata); e Lydia Kovaleva la pazzia del finale, così come la difficile romanza ("Vivevamo nei pressi di Novgorod") da 1:01:59 (voce alta di posizione, leggera sul fiato, proiettatissima).

 

mercoledì 12 febbraio 2014

"Lucia di Lammermoor" alla Scala

Alla Scala, l'interesse per la "Lucia di Lammermoor" di ieri sera stava in Jessica Pratt, che non ha deluso le aspettative. Nel registro acuto la voce si espande in sala libera nella risonanza, timbrata e sonora. Assai meno penetrante nel registro medio-grave dove abbozza un personaggio dolente ed elegiaco, magari un po' troppo compassato, ma sempre raffinato e stilisticamente appropriato. I mi bemolle sono di caratura generosa e facili, bellissimo il filato sull'attacco di "Verranno a te sull'aure", di alta scuola il legato di "Soffriva nel pianto" ma meno a fuoco "Il pallor funesto, orrendo".
In "Lucia", dal vivo, ho soprattutto nelle orecchie la Gruberova con Kraus e, alla Scala, la Anderson che era formidabile: voce tutta immascheratissima, in sala tre volte quella della Pratt. "Tientela cara", raccomandava un anziano callasiano parlando dell'Amina della Dessay. Del resto, oggi, la Lucia a chi la fai cantare? Alla Kermes, alla Petibon? Alla soubrette stonata del primo cast?
Il peso specifico del tenore Pretti è quasi uguale a quello dello sposino, e questo non è bene. Risolve la parte con sicurezza ma il fraseggio è sommario, anche a prezzo di qualche forzatura in acuto: abbiamo ascoltato alla Scala Edgardo peggiori, a meno che non si apprezzi il tenore crossover del primo cast al posto del quale avrei scritturato Bros o Mukeria. Il mezzo del baritono Cavalletti è interessante, ma la resa è quella di un Gérard male in arnese che a tratti fa sembrare un gigante il Raimondo di Artamonov.
Orchestra, Coro e direttore battisolfa sono stati ampiamente al di sopra della soglia di guardia e lo spettacolo low cost d'importazione ha diverse cadute nel ridicolo involontario. Che la Scala faccia subito un monumento in marmo arabescato ai turisti spettatori che rappresentano ormai la stragrande maggioranza del pubblico; armati di telefonini per immortalarsi nella sala dorata e disposti a spendere fino a 250 euro per assistere (non sempre fino alla fine) a serate come questa, il cui scarsissimo tasso emozionale lascia - cappotto alla mano - con alcuni interrogativi: se la fortuna di questo melodramma romantico fosse stata costellata di recite siffatte, sarebbe mai diventato tanto rappresentativo del genere? Così celebre ed amato? Lo vorranno applaudire ancora tra vent'anni? E tra cinquanta? Io dico che, tra breve, converrà abbassare i prezzi dei biglietti.





lunedì 10 febbraio 2014

Profetico Antonioni

«Ci troveremo difronte a concetti che costringeranno la nostra mente e la nostra immaginazione a tradurre in immagini queste cose assolutamente impalpabili [la smaterializzazione della materia], che avranno influenza su quelli che sono i rapporti umani.»
È sconvolgente quest'intervista; risale al 1985 (data corretta). In pochi minuti, Michelangelo Antonioni - davvero l'artefice del nuovo cinema - prefigura il cinema del futuro: quello digitale. Il suo genio, sulla scorta dei prototipi americani e giapponesi in uso all'epoca, precorreva internet, la fruizione domestica dei film e la produzione di immagini in 3D; era profondamente affascinato da tutto questo.


domenica 2 febbraio 2014

"Santa Lucia"

Quanto si può esprimere con una melodia così pura, semplice!
Vengono in mente le parole di Caccini su "voce piena e naturale" e su "nobilissima maniera di cantare". Scritte più di 400 anni fa.

«Cantare in voce piena e naturale per isfuggire le voci finte; nelle quali per fingerle, o almeno nelle forzate, occorrendo valersi della respirazione per non discoprirle molto poiché per lo più sogliono offendere l’udito, e di essa è pur necessario valersi per dar maggiore spirito al crescere e scemare della voce, alle esclamazioni e tutti gli altri effetti [...]. Ma dalle voci finte non può nascere nobiltà di buon canto; che nascerà da una voce naturale comoda per tutte le corde, la quale altrui potrà maneggiare a suo talento, senza valersi della respirazione per altro che per mostrarsi padrone di tutti gli affetti migliori, che occorrono usarsi in sì fatta nobilissima maniera di cantare» (Giulio Caccini, "Le nuove musiche, 1602)