sabato 5 dicembre 2020

Una piccola morte


A breve sarà l’anno di Dante. Si può anche riavvicinarlo tramite Ibn ‘Arabī, mistico e poeta che, secondo alcuni, avrebbe influenzato il Nostro per il matrimonio di intelligenza, amore e conoscenza. Questo romanzo percorre vita e pensiero del Doctor Maximus in lungo, in largo e in prima persona. Obiettivo ambizioso, certo, con stile letterario forse un po’ troppo dimesso per i miei gusti ma il passo è avvincente e le interpolazioni dei manoscritti sono un diversivo che incuriosisce. Il romanzo è pluripremiato e pluritradotto. Sono folgoranti certe massime di Ibn ‘Arabī («Il tempo è un luogo liquido e il luogo è un tempo solido») così come è ben tratteggiata la Siviglia multietnica e multiculturale a cavallo fra XII e XIII secolo: 

 «Oltre a noi, c’erano nove uomini e due donne. Al centro stava seduto un uomo che leggeva un libro mentre gli altri ascoltavano. Osservai le loro facce e notai subito che avevano occhi e capelli di diversi colori. Arabi, meticci, franchi e berberi. Prendemmo posto vicino alla porta, come indicatoci da Frideric. Si parlava di Pitagora. L’uomo seduto al centro leggeva in greco e traduceva in arabo. Andò avanti per un bel po’, poi si alzò e venne a sedersi accanto a noi. [...] «Soltanto la logica è eterna, tutto il resto è transitorio». Io bisbigliai all’orecchio di al-Hariri: «Scommetto che è questo quel che seduce Averroé!».



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