sabato 21 marzo 2020

In quarantena

Appunti sparsi ma non troppo

- ho guardato Il velo dipinto (2006) tratto dal romanzo di Maugham che già ispirò un classico con la Garbo e H. Marshall. Nulla di che ma, siccome è ambientato nel Guangxi (Cina) che paesaggisticamente ricorda il Laos, l’ho scelto anche per farmi cullare dalla nostalgia. I protagonisti sono coinvolti nell’epidemia di colera che assedia un villaggio (siamo alla fine degli anni 1920). Di quel morbo si moriva in 36 ore vomitando, pisciando e defecando fino a completa disidratazione. Ricordo di aver letto che l’ebola procede con sudorazione di sangue.
- Ho stampato nella mente (misteri della memoria) Gino Strada intervistato in tv a proposito di ebola e circondato da gente la cui unica preoccupazione era quella che il morbo non arrivasse in Italia tramite gli africani sui barconi. «Ma guardate - diceva il fondatore di Emergency - che se non sarà ebola sarà un altro virus e viaggerà in business class». Non si tratta di preveggenza ma di saggezza nell’interpretare il proprio presente.
- Colpisce l’assoluta impreparazione dei governi occidentali che tutto, però, hanno fatto in questi decenni sul fronte del potenziamento delle infrastrutture di comunicazione globale, oggi (ieri!) rapidissime nella trasmissione di persone, merci e virus: tutte e tre categorie capaci di accelerazioni evolutive prima sconosciute. Poche settimane fa, in Laos, ho rifiutato assaggio da un superalcolico con fondo “esotico”. La mia precauzione travalica la cautela sanitaria e cerca ragioni nel rifiuto di accettare che in uno stesso mercato (come successo, appunto, in Cina) si trovino a contatto carni provenienti da ogni dove; fossero anche la mia e quella di un serpente, visto che non è a prova di bomba manco il pollo. Siccome continuo a simpatizzare per Keynes, non vedo di buon occhio né il groviglio economico tra le nazioni né coloro che vorrebbero aumentarlo al massimo; sempre che il massimo non sia già stato raggiunto. Vedo con molta simpatia, invece, tutto ciò che è necessario ed ecologicamente sostenibile perché non credo affatto nella religione dello scambio né tantomeno nel fatto che esso possa permettersi il lusso d’essere capriccioso e consacrarsi al superfluo. Continua il grande economista: «Le idee, il sapere, la scienza, l’ospitalità, il viaggiare – queste sono le cose che per loro natura dovrebbero essere internazionali. Ma lasciate che le merci siano fatte in casa ogni qualvolta ciò è ragionevolmente e praticamente possibile, e, soprattutto, che la finanza sia eminentemente nazionale» (John Maynard Keynes, «Autosufficienza nazionale», 1933).
- Gente in barca ai tropici che non sa nuotare; gente che in un sito archeologico o in un luogo d’arte dall’altra parte del mondo è molto meno interessata che al parchetto o al giretto attorno a casa propria; gente che ha bisogno di un gigantesco condominio per spostarsi sul mare essendo incapace di viaggiare, verbo che identifica una sola attività: rinunciare alla massima parte del proprio mondo (e quindi delle proprie abitudini) per adottare temporaneamente altro. Viaggiando mi sono imbattuto - quasi sempre per caso - anche nella categoria di turisti che va numericamente per la maggiore. Quelli per cui tutto è facile e tutto superficiale, in spostamenti (anche intercontinentali, ça va sans dire) utili solo a cercare distrazioni dalla propria routine. C’è da domandarsi perché mai il Pianeta dovrebbe sopportare anche il peso ecologico di questi capricci.
- Quello che più mi manca in questi giorni di assenza di musica dal vivo (chissà ancora per quanto) è la spazialità del suono orchestrale e cioè l’ascoltare, specie nel repertorio tardo-romantico e moderno, crescendo e fortissimi da percepire fin nello stomaco... Al momento c’è Azzurro che in questo contesto storico un poco mi commuove, cantato com’è alle 18 dalla gente sui balconi.
- Dopo attese millenaristiche di progresso e tecnologia (quelle che ricorda bene chi ha la mia età o giù di lì), il fatto di vivere in Lombardia nel 2020 circondati da ospedali da campo per la terapia intensiva perché la sanità - fra tagli e sprechi - è stata trasformata in un colabrodo per fare business di livello nazionale e, contemporaneamente, il sapere che un numero molto alto di famiglie italiane non ha in casa un computer per far studiare i figli sono realtà profondamente avvilenti. E questo quando, da sempre, sanità e istruzione identificano le civiltà progredite. Altro che Expo e Tav!
- Unica fonte di piacere è l’improvvisa trasformazione di Milano per quanto riguarda la sparizione dell’inquinamento acustico. E chissà se qualcuno si è ricordato di spegnere il riscaldamento delle scuole, visto che a far tener chiuse le porte ai negozi per non sprecare riscaldamento e aria condizionata avevano rinunciato da tempo. Si cammina adesso - per chi come me porta fuori il cane - ascoltando gli uccellini che si chiamano e rispondono da un albero all’altro, la gente educatamente anche in fila, i marciapiedi praticamente intonsi. Di una cosa sono certo: se quella di prima era la “normalità” vuol dire che la parola era da intendersi come sinonimo di psicolabilità. Soprattutto da coloro che vanno con Ryanair in nord Europa e là restano estasiati dalla vivibilità degli spazi urbani ma che, quando tornano qui, continuano ad allestire o a magnificare il solito luna park milanese adatto alle autoscontro, rumoroso e puzzolente.



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