domenica 21 febbraio 2016

Fuocoammare

Quella di Fuocoammare a Berlino è una vittoria che deve riempirci di orgoglio; Gianfranco Rosi ha diretto un film importantissimo.
Tutti sappiamo di essere parlati dal linguaggio; ebbene, oggi lo siamo altrettanto dalle immagini. Ci possiedono fino ad assuefarci, capaci di aderire alla mente sino a plasmarla, specie tramite i mezzi di comunicazione; non per essere rese visibili a un occhio esterno, ma trasparenti a loro stesse. L'esibizione continua dell'immagine non è che l'altro suo modo di sparire.
Ciascuno di noi ha intorno alla tragedia dei migranti a Lampedusa un proprio bagaglio di visioni attorno alle quali ha organizzato pensieri, aspettative; ha tirato somme e, nei casi peggiori, sputato sentenze. Ebbene, la visione “in tempo reale” non ha fatto che aggiungere irrealtà alla cosa. Nessun voyeurismo della morte e del dolore, invece, nel film di Rosi, anche quando sale sulla Cigala Fulgosi; il suo occhio trova il valore di ciò che ha perso l'illusione della realtà, la sua forma simbolica forte: è realtà allo stato dell'arte; sono le vite sull'isola e sul suo mare; sono il loro senso, quello che risiede in immagini lontanissime dalla pura ed infedele oggettività documentaria. Densissimo, invece, è il dialogo del regista con lo spettatore, anche attraverso il montaggio; senza paternalismi, senza dita levate per impartire la lezione (molto simile in questo a Minervini, all'Oppenheimer di The look of silence). La sua macchina da presa non prende il mondo per oggetto, ma lo fa diventare oggetto; fa riesumare il suo essere altro nascosto sotto la sua pretesa realtà; ne provoca il senso e lo fissa in immagine. Perché la strada da percorrere se si vuole cogliere la verità è lunga quanto quella che intraprende Samuele, il giovane protagonista del film; lui, come noi - abituati ad una visione limitata sulle cose perché assuefatti da bulimia di immagini - soffre di occhio pigro; deve passare da un decimo a nove. Il premio sarà un radicale mutamento di prospettiva: dalla fionda per puntare sugli uccelli notturni, ad un piccolo San Francesco che gioca col loro canto. Attorno la Lampedusa che, una volta nella vita, bisogna aver visitato fuori stagione coi suoi silenzi che lasciano posto al vento sferzante, al mare che a est dello scoglio del Sacramento s'infrange sulla costa.                                                                                              


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