mercoledì 12 febbraio 2014

"Lucia di Lammermoor" alla Scala

Alla Scala, l'interesse per la "Lucia di Lammermoor" di ieri sera stava in Jessica Pratt, che non ha deluso le aspettative. Nel registro acuto la voce si espande in sala libera nella risonanza, timbrata e sonora. Assai meno penetrante nel registro medio-grave dove abbozza un personaggio dolente ed elegiaco, magari un po' troppo compassato, ma sempre raffinato e stilisticamente appropriato. I mi bemolle sono di caratura generosa e facili, bellissimo il filato sull'attacco di "Verranno a te sull'aure", di alta scuola il legato di "Soffriva nel pianto" ma meno a fuoco "Il pallor funesto, orrendo".
In "Lucia", dal vivo, ho soprattutto nelle orecchie la Gruberova con Kraus e, alla Scala, la Anderson che era formidabile: voce tutta immascheratissima, in sala tre volte quella della Pratt. "Tientela cara", raccomandava un anziano callasiano parlando dell'Amina della Dessay. Del resto, oggi, la Lucia a chi la fai cantare? Alla Kermes, alla Petibon? Alla soubrette stonata del primo cast?
Il peso specifico del tenore Pretti è quasi uguale a quello dello sposino, e questo non è bene. Risolve la parte con sicurezza ma il fraseggio è sommario, anche a prezzo di qualche forzatura in acuto: abbiamo ascoltato alla Scala Edgardo peggiori, a meno che non si apprezzi il tenore crossover del primo cast al posto del quale avrei scritturato Bros o Mukeria. Il mezzo del baritono Cavalletti è interessante, ma la resa è quella di un Gérard male in arnese che a tratti fa sembrare un gigante il Raimondo di Artamonov.
Orchestra, Coro e direttore battisolfa sono stati ampiamente al di sopra della soglia di guardia e lo spettacolo low cost d'importazione ha diverse cadute nel ridicolo involontario. Che la Scala faccia subito un monumento in marmo arabescato ai turisti spettatori che rappresentano ormai la stragrande maggioranza del pubblico; armati di telefonini per immortalarsi nella sala dorata e disposti a spendere fino a 250 euro per assistere (non sempre fino alla fine) a serate come questa, il cui scarsissimo tasso emozionale lascia - cappotto alla mano - con alcuni interrogativi: se la fortuna di questo melodramma romantico fosse stata costellata di recite siffatte, sarebbe mai diventato tanto rappresentativo del genere? Così celebre ed amato? Lo vorranno applaudire ancora tra vent'anni? E tra cinquanta? Io dico che, tra breve, converrà abbassare i prezzi dei biglietti.





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