Bisognerebbe intendersi sul significato di “ricchezza” in un mondo che
si avvicina a contare 10 miliardi di esseri umani (nel 2050).
Per me
il definirsi “ricchi” (condizione che pretendo indispensabile ad ogni
uomo sul pianeta) dovrebbe comportare quattro condizioni:
1/ il mangiare
e bere prodotti prossimi al proprio luogo di residenza (minore impatto
ambientale e maggiori possibilità di controllo e sicurezza);
2/
l’usufruire di trasporto pubblico regolare e sicuro per spostarsi senza
essere costretti a farlo su mezzi propri, con impatto e fatica maggiori;
3/ l’opportunità d’istruirsi in istituti pubblici avendo a disposizione
al contempo i principali mezzi della conoscenza (internet, biblioteche,
musei);
4/ l’usufruire di un servizio sanitario efficiente e gratuito
per tutte le necessità insopprimibili.
Due cose, per me, rientrano
nella sfera del “lusso”:
1/ l’abitare una casa più ampia e confortevole
(purché costruita senza alcun impatto nocivo sul territorio) rispetto a
quella che è giusto considerare necessaria per ciascuno e per ciascun
nucleo familiare;
2/ l’avere a disposizione una certa quantità di abiti e
ninnoli che confortino la propria sensibilità estetica.
Tutto il
resto appartiene alla categoria dell’eccedenza. Non a quella
dell’inutile o del dannoso, ma a quella che raggruppa tutto ciò che per
desiderarsi e pretendersi nel possesso avrebbe bisogno d’essere da noi
stessi - e da chi è politicamente chiamato a rappresentarci -
considerato in rapporto a due fattori fondamentali:
1/ le risorse
limitate del pianeta;
2/ la considerazione di quanto, anche
nell’immediato presente, manca agli altri.
In un mondo che è in
grado di costruire in luoghi improbabili migliaia di km quadrati di
serre automatizzate che producono tonnellate di frutta e verdura,
d’impartire lezioni via Skype, di effettuare tramite internet operazioni
chirurgiche complesse e di spostare persone e oggetti su mezzi privi di
conducente (tutte cose irrealizzabili sino a vent’anni fa), dico che la
questione essenziale non sta nel “come produrre ricchezza” ma nel come
articolarla. È una cosa che si fa mediante il lavoro (sicuro e per
tutti) orientato allo sforzo di comunità nazionali, coordinate pure nei
rapporti con gli Stati esteri, affinché mezzi e conoscenza siano
destinati dove servono e resi disponibili al maggior numero di abitanti
della Terra.
A “lusso” per tutti penseranno altri uomini nel secolo venturo. Se dopo il nostro presente arriveranno vivi.
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