venerdì 25 agosto 2017

Volta à terra


Volta à terra di João Pedro Plácido (Portogallo/Svizzera/Francia, 2014, 78')



Nelle stagioni del sole e della nebbia
di Francesco Gala





Volta à terra possiede il ritmo ed il respiro delle storie senza tempo, eterne come il significato delle parole che compongono il titolo: in italiano, Ritorno alla terra. Ha, insomma, il passo delle stagioni che si succedono, della fatica del lavoro nei campi, della vita che si svolge in un paese rurale: Uz è il nome deciso ed aspro dell'aldéia (villaggio) in cui è girato il film, nel distretto di Braga all'estremo nord del Portogallo.

Eppure António Guimarães, l'anziano protagonista del documentario di Plácido, ci riporta ad un presente di bruciante attualità grazie ad una dura dichiarazione che ascoltiamo al principio, a lui strappata nel buio di una stalla. Là il vecchio contadino ci rammenta il tempo di crisi in cui viviamo: «Tutti i milioni sono laggiù», afferma, «con i sindacati europei e non so cos'altro. Nei tempi passati il denaro non mancava: circolava avanti e indietro da solo, condiviso tra tutti i cittadini. Tutto quello che desiderano oggi, invece, è sedersi al tavolo. Un tavolo ricco e grasso […]. Sono tutti un gruppo di truffatori. Questo è il nostro Paese. Colui che lavora di più guadagna il minimo. […] Salazar disse: "Voi dite che Salazar è fascista, che è in questo modo o in quest'altro; ma Salazar morirà e il fascismo rimarrà radicato in Portogallo per sempre". E così è stato.»

Non vogliamo dare torto o ragione ad António e, del resto, le sue mani piegate dal lavoro come la sua schiena invitano al rispetto. È più saggio, forse, pensare che anche questo tempo - il nostro tempo - s'iscriva fra quelle epoche nelle quali sopraffazioni ed iniquità non rendono affatto giustizia del lavoro di fatica: quello del contadino, del pastore, dell'artigiano.

Nel Portogallo morso dalla crisi, la televisione in casa di António rimanda le notizie delle alchimie finanziarie tramite il linguaggio tecnico che le contraddistingue. Una realtà lontana anni luce dalla vita eterna del villaggio; una realtà così distante da quell'Europa delle piccole comunità e dei villaggi che arricchiscono l'identità multiforme del nostro continente da sembrarci persino aliena.

Volta à terra non ci risparmia sequenze di forte impatto visivo perché la vita del villaggio si specchia senza troppi infingimenti nella macchina da presa di Plácido. E sono anche gesti e parole arcaiche come quelle che accendono in paese la festa della mietitura; oppure i sorrisi, la tenera malinconia che si legge negli occhi di Daniel, l'altro indimenticabile protagonista del film.

Daniel Xavier Pereira ha ventun anni e possiede uno di quei visi, di quei portamenti, che tanto mancano al cinema di oggi e specialmente a quello di finzione. A proprio agio con la vita contadina, il giovane non esprime alcun desiderio di lasciare Uz, regalando a chi lo interroga in proposito un ennesimo sorriso genuino, canzonatorio. Non si può che ritornare con la mente ai molti interpreti dal fascino ingenuo e spontaneo prediletti da Pasolini, e forse direttamente al più celebre e celebrato fra essi: Ninetto Davoli. Lui, come Daniel, un sognatore ad occhi aperti che rimprovera di essere tale al bue Lancillotto in sequenze dal registro che vira al fiabesco e che chiudono il film laddove l'inverno ci porta con António su strade imbiancate da percorrere stanco, ancora una volta, quando sugli stessi sentieri ora cammina il nuovo pastore.

La cucina; il matrimonio; i campi assolati ed il terreno brullo pronto per essere arato e seminato oppure battuto dal vento e dalla pioggia nella stagione autunnale; la religione vissuta in casa con la benedizione della tavola nei giorni di festa o per le strade in processione al lume delle candele; i contrasti e la solidarietà di una comunità che decide collegialmente anche sui tagli al bilancio; la monta dei buoi, la tosatura delle pecore scandita dalle chiacchiere dei pastori e ritmata dal suono di un'armonica a bocca. Dopo aver vissuto per un po' davanti allo schermo insieme ai protagonisti del film, si prova un rinnovato senso di purezza, di umanità. Difronte ai nostri occhi si è aperto e chiuso un ciclo di stagioni come quello che scandisce la vita: l'età che pian piano consuma gli anni di un vecchio dal passo sempre più incerto e gli occhi incantati di un giovane che scopre l'amore e la lontananza.






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