Volta à terra di João Pedro Plácido (Portogallo/Svizzera/Francia, 2014, 78')
Nelle stagioni del sole e della nebbia
di Francesco Gala
Volta
à terra possiede
il ritmo ed il respiro delle storie senza tempo, eterne come
il significato delle parole che compongono il titolo: in italiano,
Ritorno
alla terra.
Ha, insomma, il passo delle stagioni che si succedono, della fatica
del lavoro nei campi, della vita che si svolge in un paese rurale: Uz
è il nome deciso ed aspro dell'aldéia
(villaggio) in cui è girato il film, nel distretto di Braga
all'estremo nord del Portogallo.
Eppure
António
Guimarães,
l'anziano protagonista del documentario di Plácido,
ci riporta ad un presente di bruciante attualità grazie ad una dura
dichiarazione che ascoltiamo al principio, a lui strappata nel buio
di una stalla. Là il vecchio contadino ci rammenta il tempo di crisi
in cui viviamo: «Tutti
i milioni sono laggiù»,
afferma, «con
i sindacati europei e non so cos'altro. Nei tempi passati il denaro
non mancava: circolava avanti e indietro da solo, condiviso tra tutti
i cittadini. Tutto quello che desiderano oggi, invece, è sedersi al
tavolo. Un tavolo ricco e grasso […]. Sono tutti un gruppo di
truffatori. Questo è il nostro Paese. Colui che lavora di più
guadagna il minimo. […] Salazar disse: "Voi dite che Salazar è
fascista, che è in questo modo o in quest'altro; ma Salazar morirà
e il fascismo rimarrà radicato in Portogallo per sempre". E
così è stato.»
Non
vogliamo dare torto o ragione ad António
e, del resto, le sue mani piegate dal lavoro come la sua schiena
invitano al rispetto. È
più saggio, forse, pensare che anche questo tempo - il nostro tempo
- s'iscriva fra quelle epoche nelle quali sopraffazioni
ed iniquità non rendono affatto giustizia del lavoro di fatica:
quello del contadino, del pastore, dell'artigiano.
Nel
Portogallo morso dalla crisi, la televisione in casa di António
rimanda le notizie delle alchimie finanziarie tramite il linguaggio
tecnico che le contraddistingue. Una realtà lontana anni luce dalla
vita eterna
del villaggio; una realtà così distante da quell'Europa delle
piccole comunità e dei villaggi che arricchiscono l'identità
multiforme del nostro continente da sembrarci persino aliena.
Volta
à terra
non ci risparmia sequenze di forte impatto visivo perché la vita del
villaggio si specchia senza troppi infingimenti nella macchina da
presa di Plácido.
E sono anche gesti
e parole arcaiche come quelle che accendono in paese la festa della
mietitura; oppure i sorrisi, la tenera malinconia che si legge negli
occhi di Daniel, l'altro indimenticabile protagonista del film.
Daniel
Xavier Pereira ha ventun anni e possiede uno di quei visi, di quei
portamenti, che tanto mancano al cinema di oggi e specialmente a
quello di finzione. A proprio agio con la vita contadina, il giovane
non esprime alcun desiderio di lasciare Uz, regalando a chi lo
interroga in proposito un ennesimo sorriso genuino, canzonatorio. Non
si può che ritornare con la mente ai molti interpreti dal fascino
ingenuo e spontaneo prediletti da Pasolini, e forse direttamente al
più celebre e celebrato fra essi: Ninetto Davoli. Lui, come Daniel,
un sognatore ad occhi aperti che rimprovera di essere tale al bue
Lancillotto in sequenze dal registro che vira al fiabesco e che
chiudono il film laddove l'inverno ci porta con António
su strade imbiancate da percorrere stanco, ancora una volta, quando
sugli stessi sentieri ora cammina il nuovo pastore.
La
cucina; il matrimonio; i campi assolati ed il terreno brullo pronto
per essere arato e seminato oppure battuto dal vento e dalla pioggia
nella stagione autunnale; la religione vissuta in casa con la
benedizione della tavola nei giorni di festa o per le strade in
processione al lume delle candele; i contrasti e la solidarietà di
una comunità che decide collegialmente anche sui tagli al bilancio;
la monta dei buoi, la tosatura delle pecore scandita dalle
chiacchiere dei pastori e ritmata dal suono di un'armonica a bocca.
Dopo aver vissuto per un po' davanti allo schermo insieme ai
protagonisti del film, si prova un rinnovato senso di purezza, di
umanità. Difronte ai nostri occhi si è aperto e chiuso un ciclo di
stagioni come quello che scandisce la vita: l'età che pian piano
consuma gli anni di un vecchio dal passo sempre più incerto e gli
occhi incantati di un giovane che scopre l'amore e la lontananza.
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