Se mi domandano quale sia la più grande sconfitta dell’umanità
dall’evoluzione dei protoprimati ad oggi rispondo così:
quella di non aver ancora garantito a chiunque le condizioni necessarie per
vivere bene nel proprio Paese, vicino ai propri affetti, in una vita che
- limitata per definizione - potrebbe esserlo troppo per tentare di
costruirsi in un altrove al quale chiedere se non la felicità almeno la
sopravvivenza.
Il medico legale Cristina Cattaneo, che onora la mia
famiglia della sua amicizia, è dal 2014 impegnato a restituire identità
ai migranti morti nel Mediterraneo. Racconta di piccoli sacchetti
trovati addosso a cadaveri senza nome; esseri umani morti cercando una
terra che non hanno raggiunto, tenendo stretta a sé un mucchietto della
propria.
Un’istantanea ben più lieta: Kiwayu (Kenya), fine anni Novanta. La
marea è bassa e cammino molto al largo con un ragazzo della spiaggia;
poi finalmente nuotiamo. L'apartheid turistica non fa per me e allora mi
dice: "Tu hai il cuore africano". Ripensandoci sorrido ma è un
complimento bellissimo che mi tengo stretto. Il fratello vive in Olanda
ma lui non ha alcuna intenzione di lasciare la propria terra e il
proprio mare, anche se la pesca non è più generosa come quando era
bambino. Oggi penso che sotto al mare potrebbero esserci i suoi figli,
mentre vent'anni fa l'idea non mi avrebbe neppure sfiorato.
Le
frasi di Fontana sulla razza bianca mi avviliscono ben più che
scandalizzarmi o sorprendermi. Se lo facessero - e ringrazio che non sia
così - mi spingerebbero ad inseguirle magari per ricordare che le razze
non esistono e sentirsi ripetere che, forse sì, esistono davvero. Sono
parole che ci riportano indietro, troppo indietro e io là non ci voglio
andare.
Vivo invece come bruciante tradimento - perché arriva dal
fronte progressista, e cioè il mio - quel medio-pensiero che ritiene
oggi diventato "naturale" per chiunque spostarsi. In quella pretesa
naturalità, che trovo molto naïve, leggo un'abdicazione della politica
ad interpretare in profondità la realtà e a far proprie le esigenze
dell'uomo nella ricerca dello sviluppo pieno della persona che, in un
mondo dotato di tutti gli strumenti della tecnica utili a offrire
ovunque abbastanza per tutti, non si vorrebbe limitata a qualificare
come naturale ciò che è frutto di scelte scellerate. Mi pare, infatti,
una consegna armi e bagagli ad uno dei tanti assestamenti di quel
Mercato che la politica dovrebbe indirizzare, non subire.
Quanta
più saggezza, verità e intraprendenza è chiusa nel motto «Restiamo
umani» di Vittorio Arrigoni! Invita a riconoscerci in una finitezza
armata di coraggio; in quel “restiamo” c'è qualcosa di scandalosamente
conservatore. È un'esigenza che indovino negli occhi del fruttivendolo
peruviano che mi mostra sul cellulare quanto è cambiata Lima in sua
assenza, mentre sorride di nostalgia. La vedo nella signora delle
pulizie che ha lasciato in Ucraina la madre ormai molto anziana e non
riesce a vederla quanto dovrebbe.
Ci sono poi le migrazioni provocate dai cambiamenti climatici: non fantascienza ma già realtà.
E l'invito per noi stessi è sempre quello ad un consumo responsabile
così come a scelte di mobilità consapevoli del fatto che il mezzo di
trasporto decide se maggiore, minore o nullo sarà l'impatto ambientale e
con esso le conseguenze politiche, sociali del presente e del futuro
che è dietro l'angolo. Penso anche a certi viaggi aerei da molte persone
consumati in sostanziale incoscienza; più che “effetto cartolina in
serie” rischiano di non portare a casa.
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