domenica 21 gennaio 2018

Restiamo umani

Se mi domandano quale sia la più grande sconfitta dell’umanità dall’evoluzione dei protoprimati ad oggi rispondo così: quella di non aver ancora garantito a chiunque le condizioni necessarie per vivere bene nel proprio Paese, vicino ai propri affetti, in una vita che - limitata per definizione - potrebbe esserlo troppo per tentare di costruirsi in un altrove al quale chiedere se non la felicità almeno la sopravvivenza.
Il medico legale Cristina Cattaneo, che onora la mia famiglia della sua amicizia, è dal 2014 impegnato a restituire identità ai migranti morti nel Mediterraneo. Racconta di piccoli sacchetti trovati addosso a cadaveri senza nome; esseri umani morti cercando una terra che non hanno raggiunto, tenendo stretta a sé un mucchietto della propria.
Un’istantanea ben più lieta: Kiwayu (Kenya), fine anni Novanta. La marea è bassa e cammino molto al largo con un ragazzo della spiaggia; poi finalmente nuotiamo. L'apartheid turistica non fa per me e allora mi dice: "Tu hai il cuore africano". Ripensandoci sorrido ma è un complimento bellissimo che mi tengo stretto. Il fratello vive in Olanda ma lui non ha alcuna intenzione di lasciare la propria terra e il proprio mare, anche se la pesca non è più generosa come quando era bambino. Oggi penso che sotto al mare potrebbero esserci i suoi figli, mentre vent'anni fa l'idea non mi avrebbe neppure sfiorato.
Le frasi di Fontana sulla razza bianca mi avviliscono ben più che scandalizzarmi o sorprendermi. Se lo facessero - e ringrazio che non sia così - mi spingerebbero ad inseguirle magari per ricordare che le razze non esistono e sentirsi ripetere che, forse sì, esistono davvero. Sono parole che ci riportano indietro, troppo indietro e io là non ci voglio andare.
Vivo invece come bruciante tradimento - perché arriva dal fronte progressista, e cioè il mio - quel medio-pensiero che ritiene oggi diventato "naturale" per chiunque spostarsi. In quella pretesa naturalità, che trovo molto naïve, leggo un'abdicazione della politica ad interpretare in profondità la realtà e a far proprie le esigenze dell'uomo nella ricerca dello sviluppo pieno della persona che, in un mondo dotato di tutti gli strumenti della tecnica utili a offrire ovunque abbastanza per tutti, non si vorrebbe limitata a qualificare come naturale ciò che è frutto di scelte scellerate. Mi pare, infatti, una consegna armi e bagagli ad uno dei tanti assestamenti di quel Mercato che la politica dovrebbe indirizzare, non subire.
Quanta più saggezza, verità e intraprendenza è chiusa nel motto «Restiamo umani» di Vittorio Arrigoni! Invita a riconoscerci in una finitezza armata di coraggio; in quel “restiamo” c'è qualcosa di scandalosamente conservatore. È un'esigenza che indovino negli occhi del fruttivendolo peruviano che mi mostra sul cellulare quanto è cambiata Lima in sua assenza, mentre sorride di nostalgia. La vedo nella signora delle pulizie che ha lasciato in Ucraina la madre ormai molto anziana e non riesce a vederla quanto dovrebbe.
Ci sono poi le migrazioni provocate dai cambiamenti climatici: non fantascienza ma già realtà.
E l'invito per noi stessi è sempre quello ad un consumo responsabile così come a scelte di mobilità consapevoli del fatto che il mezzo di trasporto decide se maggiore, minore o nullo sarà l'impatto ambientale e con esso le conseguenze politiche, sociali del presente e del futuro che è dietro l'angolo. Penso anche a certi viaggi aerei da molte persone consumati in sostanziale incoscienza; più che “effetto cartolina in serie” rischiano di non portare a casa.

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