François Truffaut si divertirebbe parecchio se sapesse che nelle sale, contemporaneamente al tributo hitchcockiano diretto da Gervasi, si proietta un film che accoglie diversi oggetti della poetica di Antoine Doinel. Come lui, infatti, Claude Garcia ama i libri, almeno quanto le gambe delle mamme dei suoi compagni di classe. La scrittura è talmente al centro del film di Ozon che lo spettatore si ritrova proprio nel mezzo del processo di immaginazione e di creazione narrativa, solleticato da un insegnante che venera Flaubert ma viene steso a terra da un colpo in testa assestato da Céline. La suspanse è quella educata dallo stile di Chabrol ma il ritmo è brioso quasi quanto quello di "Vivement dimanche!". Gli attori sono ottimi, come la fotografia. Bisogna tener d'occhio Ernst Umhauer; potrebbe diventare il nuovo Benoît Magimel.
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