sabato 19 ottobre 2019

“Giulio Cesare in Egitto” alla Scala

Ho assistito alla prima di Giulio Cesare in Egitto alla Scala e continuo a immaginare quale invincibile godimento estetico dovesse spingere gli spettatori del King's Theatre ad affollare per mezza giornata una sala grande la metà della Scala, illuminata e riscaldata da un migliaio di candele. Continuo a credere che si trattasse essenzialmente del godimento del canto, quello con la c maiuscola. Quello senza minima traccia d’inflessioni naturalistiche, ottenuto mediante il dominio della tecnica e del suono dello strumento voce, mimesi del reale e non riproduzione o copia di essa. 
Non ho trovato, insomma, ieri sera l’ingrediente fondamentale e sarebbe il mio più che altro un elenco di suoni chiocci, fissi, sfuocati e di ricorso al parlato; dunque non una critica ma un papier de doleance che è facile risparmiare a me stesso prima ancora che agli altri.
Mehta resta forse adatto (pur nella prassi antistorica del controtenore in ruoli da contralto castrato) come Tolomeo, per via di quella inflessione malevola che ha nel timbro; e infatti il Tolomeo di ieri sera (Dumaux) lo imitava a tutto spiano. 
Della de Niese non ho sopportato principalmente sforzi e strilli in acuto, come il registro grave per nulla risolto; e poco anche la Mingardo con solita voce incollata alle tavole del palcoscenico. Davvero inappropriato Jaroussky che pareva precipitato in scena credendo dover cantare certi personaggi del teatro di Cavalli; penso all'Endimione della Calisto
Forse un compromesso accettabile, in tempi recenti, è stata l’incisione con la von Otter (Sesto) e la Mijanović (Cesare); là al controtenore Mehta è, appunto, affidato il ruolo di Tolomeo.
Sarebbe stato opportuno, allora, trovare alla Scala la giusta distribuzione. Perché non la Pratt come Cleopatra? Ma poi ci si ricorda che le esigenze registiche hanno del tutto rimpiazzato, anche nella testa della maggior parte degli spettatori, quelle della musica.
E lo spettacolo di Carsen è infatti intelligente perché attrae l'attenzione degli ascoltatori coniugando suggestioni mediorientali attualizzanti, fra tv e cinema, a spunti di mezzo carattere e sottolineature politiche. La direzione di Antonini è stato elemento di sicura qualità; nel duetto Cornelia/Sesto ecco i colori e il tono dolorosamente solenne della pagina. 
Non ho capito perché Cleopatra cantasse a Tolomeo in recitativo «lussurioso amante» al posto di «effeminato amante», così come ho sentito sempre fare. Che si trovi variante in qualche versione del libretto? Oppure si trattava di una premura politically correct pensando che qualcuno potesse offendersi?



 

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