giovedì 30 maggio 2019
Il traditore
È un affondo al cuore il «Va pensiero» che suona sulla pronuncia delle condanne secolari al maxi processo di Palermo. Ed è di potente effetto il Preludio di Macbeth sulle immagini della strage di Capaci. Il regista socialista che teneva i pugni in tasca e che faceva cantare nella vasca da bagno «Ella giammai m’amò» al politico trasformista Vittorio ha fatto pace da tempo col suo conterraneo più illustre; ma, sappiamo, con l’opera lirica in genere. E sarebbe bello riguardarsi Il principe di Homburg in cui Crivelli tesseva per Bellocchio una trama sonora in funzione narrativa decisamente operistica. Bisognerebbe trovare il tempo. Ma è ben speso anche quello al cinema (135’) per Il traditore che incolla alla sedia, anche se non parlerei di tappa finale del mafia movie come ho sentito fare dal signore che stava dietro di me in sala. Diciamo che un fiore alla tomba di Bontade (ma i generi muoiono mai per davvero?) lo portarono i registi di Belluscone a suon di neomelodica.
A proposito: per ragioni di qualità esclusivamente filmica, come sarebbe Il traditore se la fotografia fosse affidata a Ciprì (che ha già lavorato con Bellocchio, fra l’altro per il bellissimo Vincere)?
Favino (quadrilingue) è un attore che qui si mangia lo schermo. E per incidere la carne della giustizia le unghie politicamente sarcastiche di Bellocchio mi pare graffino assai più sulle sequenze di Alfonso Giordano che presiede un’aula bunker ogni giorno più surreale che non su quelle marcatamente parodistiche di Andreotti (prima in reggicalze) e dell’avvocato Coppi (Di Marca/Storti).
Sarà che, quando arrivano, il film è già consacrato a penetrare sino in fondo la dimensione umana del monstrum Buscetta; oppure sarà che quella storia e quel periodo sono ancora così dannatamente prossimi a noi. Certo così sembra a me che ricordo bene primavera ed estate del ‘92: a Capaci lungo lo stesso tratto di autostrada, tre giorni prima della strage, passando in autobus. Poi i funerali spaventosi in diretta televisiva. E la notizia di via D’Amelio: mia madre molto turbata al telefono con mio padre da una cabina alla Guitgia (Lampedusa), dopo una pigra giornata di scirocco.
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