lunedì 3 dicembre 2018

Due annotazioni prima di "Attila"

Chiarito il fatto che l’unno Attila fosse un uomo e non una donna, come invece affermato a margine della solita divulgatio stile quotidiano nazionale (La Stampa), qui due piccole note aspettando la prima:

- È sparita da YouTube la sortita di Odabella cantata a Torino da Maria Chiara nel 1983. Ma per offrire all’ascoltatore la misura di cosa un soprano lirico, lirico-spinto, possa fare in una pagina tanto difficile - cantando cioè a gola spalancata, senza alcun ampliamento forzato del suono nella zona medio-grave, forte di una saldezza tecnica che consente di legare per bene e di variare le dinamiche - ci si può servire di quella interpretata a Verona nell'estate di due anni dopo. La Chiara, anche nell'altrettanto perigliosa romanza dell'atto primo, mantiene il controllo assoluto dell'intonazione (fate il raffronto pure con le interpreti che l'hanno preceduta) e passeggia con facilità tra i piano ed i pianissimo che la portano fino al Do5. Del resto, pure in Arena, la reazione del pubblico parla da sé.

- Sarebbe bello se il Comune di Milano ponesse una targa commemorativa al n. 17 di via Monte Napoleone che fu una delle abitazioni di Verdi a Milano. Qui stette dal dicembre 1844 (numero civico 866 della Contrada del Monte, perché il Regno d'Italia era caduto da un bel po'), strumentò Giovanna d'Arco e ideò Attila. Anche se aveva già messo via una buona fortuna, abitava una stanza semplice e da lavoro, con quattro o cinque sedie, un piano a coda e una propria statuetta; così vide l'appartamento l'editore francese Escudier che fece visita al maestro nel maggio 1845. Sopra il piano stava la caricatura francese del Chemin de la Postérité. Che fosse la caricatura che riproduceva i più rinomati cantanti del tempo? Valutando l'assiduità con la quale Verdi compulsava, fra gli altri, gli scritti della de Staël, io credo proprio che si trattasse di quella coi grandi protagonisti della letteratura e del teatro francesi. Alla testa del primo corteo c'è Hugo («Il brutto è il bello») mentre Lamartine se ne sta sulle nuvole.







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