Boris (Boriska) si addormenta estenuato sulla grande campana perché l’opera mastodontica è compiuta; dicembre è anche il mese di Andrej Rublëv.
Il genio titanico di Musorgskij e il suo capolavoro universale tengono per massimo valore la libertà totale di pensiero e azione fronte alle usurpazioni e al falso, ma senza illusioni perché afflizioni e tormento sono pena cosmica misurata sulle spalle di pochissimi innocenti. La politica spicciola davvero non fa per queste altezze.
Se si attende di vedere l’opera dal vivo (sola maniera d’identificarne volumi e tinte), occorre fare così per sfuggire alla serata più distraente dell’anno: andare alla prima di persona allo scopo di vaccinarsi (ho fatto richiami molto più vicini alle trenta che alle venti volte) oppure seguirla in tv/radio spegnendo ai commenti per evitarsi qualunque scempiaggine. Non le ho sentite: leggo i riferimenti qui il giorno dopo. Le cuffie Bose e il tasto del suono preservano infatti il sortilegio telematico, specialmente quando il titolo è Boris Godunov, partitura del mormorio e dello schianto, della pensosità e di un dolore che si riprova ogni volta da se stessi senza disturbi e attenuazioni.
Il protagonista mi è parso qui un fuoriclasse che ha cantato e bene proprio tutto ed è talmente bello da vincere qualsiasi altro Boris se si pretende che il ripiegamento interiore dello zar Erode possieda un’idealità finanche fisica; quella che sembrerebbe perfino scusarlo ed è invece capace di accentare un trapasso senza speranze e altrove.
Credo che quanto a Ernst per Šujskij si potesse cercare con maggiore attenzione come si è fatto per lo Jurodivyi (Abaimov). Chailly possiede ad altissimo grado la tensione dell’arco narrativo cui somma la volontà niente affatto dimostrativa, anzi strategicamente ragionata, di far delibare i gangli audacissimi della scrittura (che San Basilio! ora il migliore documentato in video). Ci si potrebbe domandare perché abbia atteso tanto prima di affrontare Boris ed è certo per essere all’altezza dei modelli cui con evidenza si ispira. Mi pare sia riuscito compiutamente consegnando qui finora la sua migliore inaugurazione scaligera attorno a un bello spettacolo di facile, immediata leggibilità.
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